Cresce l’attenzione verso il mondo delle startup e dell’innovazione d’impresa, lo testimoniano, per esempio, alcuni articoli apparsi nelle ultime settimane sulla stampa generalista che tradizionalmente dedica alle startup attenzione marginale. È un segnale da cogliere certamente con favore anche se le dinamiche giornalistiche in questi casi tendono a partire da presupposti che non sono quelli motivati dal puro supporto alle startup, ma più prosaicamente quelli di criticare il governo per la poca efficacia del cosiddetto Startup Act 2.0 o criticare il mondo della finanza per il poco coraggio nell’investire sull’innovazione o della poca attrattività dell’Europa dalla quale le startup tendono a fuggire.
Su queste colonne abbiamo sempre cercato di porre le questioni, che pure ci sono, in modo costruttivo cercando di trovare possibili strade di proposta, già prima che le startup diventassero ‘popolari’ si è sempre insistito sul fatto che il loro ruolo è strutturale se si desidera abbracciare il futuro con convinzione e, fuor di retorica, rendere il mondo un posto migliore. Proposte che spesso partivano dall’analisi che l’Italia e quindi l’Europa, devono darsi una mossa e lo devono fare non solo in termini di disponibilità di capitali di rischio o di programmi a supporto di chi ha il desiderio di fare impresa e di chi vuole dedicarsi a fare cose innovative, ma anche di infrastrutture sociali, normative, burocratiche. Ciò per due motivi: fare dell’Europa un luogo in cui le startup possono crescere e porsi nella condizione di competere con i due più grandi concorrenti globali: USA e Cina, cosa che non si può fare se si va in ordine sparso contando solo sulla forza dei singoli ecosistemi nazionali.
Certo il dilemma tra la cessione di sovranità da parte dei governi nazionali e l’urgenza di definire framework che siano validi in tutta l’Unione è ancora un nodo non del tutto sciolto, ma a forza di insistere qualcosa si muove e le risposte iniziano ad arrivare, almeno nelle intenzioni e nella dimostrazione di una chiara presa di consapevolezza.
Il primo segnale molto forte, quasi fragoroso, è giunto qualche giorno fa dal rapporto presentato da Mario Draghi. Un rapporto illuminante dal titolo inequivocabile: ‘The future of European competitiveness’, che in linguaggio ‘volgare’ si può leggere come: o si cambia o si muore, o, volendo fare riferimento a una citazione cinematografica dal monologo di Al Pacino nel film Ogni maledetta domenica, ‘o noi risorgiamo adesso come collettivo o saremo annientati individualmente’. Il rapporto è articolato, composto da due parti: la Parte A dedicata alla strategia, e la Parte B che contiene specifiche raccomandazioni.
Nella Parte A c’è un capitolo, il numero 2, dedicato all’innovazione, o meglio dedicato a ‘come colmare il gap dell’innovazione’ rispetto a chi corre più veloce di noi, con gli USA in testa. In questo capitolo ci sono moltissimi dati che analizzano la produttività, che analizzano il venture capital mettendo a nudo quanto ampia sia la differenza tra UE e USA, e analizzando quelle che vengono definite le barriere all’innovazione, tra esse anche la difficoltà per le startup di crescere all’interno dello spazio dell’Unione europea a causa del persistere della frammentazione tra i sistemi nazionali (è a pagina 29 del testo del rapporto nella sua versione originale in inglese). Questo è un punto fondamentale: realizzare un ecosistema europeo che consenta alle startup, alle scaleup, di crescere in modo più rapido sapendo che vi è una struttura burocratica, legale, fiscale uguale in tutti i 27 Paesi significherebbe dare in modo quasi istantaneo un’accelerazione strutturale a tutti coloro che fanno impresa innovativa, significherebbe non solo accelerare l’espansione sui mercati, perseguire la crescita dimensionale in tempi molto più rapidi e quindi anche la creazione di posti di lavoro, ma anche cancellare in un sol colpo tutte le ragioni che ancora oggi impediscono che vi sia un libero flusso di capitali di rischio all’interno della UE, un flusso che oggi è ancora rallentato dai timori legati alle incertezze e alle debolezze che vi possono essere nei vari Paesi e che rendono più tiepide di quando dovrebbe accadere le azioni degli investitori che invece sarebbero assai più felici di investire in modo più ampio sapendo che le barriere normative non rappresentano più un potenziale rischio e sapendo che le startup potrebbero crescere più rapidamente.
Sembra quasi una ovvietà: uniamo le forze, creiamo un unico ecosistema europeo: acceleriamo la crescita delle aziende innovative e accresciamo in modo esponenziale la competitività dell’ecosistema stesso nei confronti del resto del mondo. Sembra quasi naturale domandarsi: ‘ma perché non è stato ancora fatto tanto è ovvio?’, e qui torniamo alla questione del tiro alla fune tra la creazione di opportunità e il timore di cessione di sovranità, serve ancora un po’ di tempo ma accadrà e visto che la presa di consapevolezza è ormai palese, grazie appunto a Mario Draghi, ora è però venuto anche il momento di passare all’azione e qui arriva un altro segnale. Segnale che prende le sembianze di Ekaterina Zaharieva che è stata nominata dal presidente della Commissione Europea Ursula von del Leyen, commissario europeo alle startup e alla ricerca, ed è la prima volta che accade. La prima volta che la Commissione europea, ossia il governo della UE, ha un commissario, ossia un ministro, alle startup.
Zaharieva è competente in tema di innovazione e di ricerca essendosene occupata in precedenti incarichi nel suo Paese di origine, la Bulgaria, dove ha anche ricoperto il ruolo di ministro degli affari esteri e di vice primo ministro con delega alle politiche economiche e alle riforme tra il 2017 e il 2021. Nella mission letter che la presidente della Commissione ha inviato alla commissaria si tracciano i contorni della sua missione e tra questi vi è esplicito e chiaro riferimento alla necessità di realizzare uno European Innovation Act volto a facilitare lo sviluppo e la crescita di startup e scaleup e il flusso di capitali di rischio e allo sviluppo di una strategia UE a supporto di startup e scaleup che sia capace di migliorare sensibilmente le condizioni di contesto.
La missione è quindi molto chiara e va proprio nella direzione auspicata ed è perciò che la nomina di Zaharieva è stata accolta con entusiasmo dall’intero mondo europeo delle startup, la notizia è rimbalzata istantaneamente tra i media specializzati e non e ha messo il sorriso sul volto di tutti coloro: imprenditori, investitori, associazioni e ogni realtà attiva nell’ecosistema, che da anni si battono perché le startup, al fine, siano considerate per quello che in realtà sono: il veicolo perfetto per percorrere la strada che porta verso il futuro.
Nel contesto della nuova Commissione importante anche la nomina di un’altra commissaria, la finlandese Henna Virkkunen che oltre a essere vicepresidente esecutiva della Commissione ha la responsabilità della sovranità tecnologica, della sicurezza e della democrazia.
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