Debutta a Milano la scuola per gli imprenditori deep tech

Ti occupi di deep tech , studi, fai ricerca e vorresti tradurre i tuoi risultati in impresa? Bene ora c’è la scuola giusta per imparare a farlo. L’hanno fatta Enrico Prati dell’Ifn Milano – Consiglio nazionale delle ricerche e Guido Tiana del dipartimento di Fisica dell’Università di Milano. Entrambi sono ricercatori ma anche attivi nel trasferimento tecnologico e recentemente un team guidato da Prati ha presentato una nuova metodologia per programmare i computer quantistici come abbiamo scritto qui . La scuola si chiama Deep tech entrepreneurship ed è la prima di questo genere in Italia, si svolgerà a Milano tra il 27 e il 29 settembre e ci si può iscrivere su questo sito dove sono anche disponibili tutte le informazioni relative al programma e ai docenti tra cui ci sono Raffaele Mauro di PrimoSpace , Olivia Nicoletti di Pwc che intervistammo quando era in Eureka! e Matteo Elli di Partiter Partners . Enrico Prati spiega a Startupbusiness i motivi che hanno spunto lui e Guido Tiana a realizzare quesa scuola per imprenditori deep tech: “Dopo un XX secolo di grandi scoperte scientifiche come l’energia nucleare, il Dna, i semiconduttori, i superconduttori e così via, stiamo vivendo un’epoca di grande accelerazione delle applicazioni. Assistiamo a un effetto valanga in cui le combinazioni tra queste tecnologie stanno portando alcuni fronti tecnologici a trasformazioni profonde, che spaziano dall’intelligenza artificiale, ai nuovi materiali, ai computer quantistici, alla fotonica, alle biotecnologie. In generale parliamo di deep tech per riferirci a quei settori dello sviluppo di impresa basato su competenze verticali avanzate in ambiti di frontiera, che con la propria capacità trasformativa sono in grado di affermare nuovi paradigmi tecnologici che sovvertono l’esistente. Vi sono diverse città in Europa che stanno perseguendo l’obiettivo di rinnovare la propria capacità economica ponendosi come attrattori verso le realtà imprenditoriali deep tech. Città come Londra, Parigi, Berlino o Vilnius coniugano una capacità importante di preparazione del capitale umano grazie a una solida rete di strutture universitarie, con la presenza di operatori nell’ambito degli investimenti di capitale in startup ad alto contenuto tecnologico, parchi tecnologici, hub e incubatori. Alla base del successo di molte iniziative vi sono la capacità del sistema di far crescere i team, il congruo numero di proposte tra cui operare la selezione, la capacità di analizzare il mercato di riferimenti, la solidità dei presupposti legali per la protezione della proprietà intellettuale. Anche in Italia vi sono fondi interessati al deep tech e anche dedicati esclusivamente al deep tech, tuttavia sono pochi i laureati o i dottori di ricerca che decidono di intraprendere un’iniziativa di trasferimento tecnologico che parta dalle proprie competenze maturate presso gruppi che non di rado sono eccellenti nel loro campo. Anche presso gli stessi principal investigator della ricerca pubblica, spesso non è chiara la distinzione tra la creazione di uno spin-off basato sulla replica seriale di un’invenzione destinata alla commercializzazione e una startup scalabile. Per esempio, una nuova camera da vuoto per le deposizioni di materiali basata su un prototipo nato da una ricerca si può replicare in un certo numero di copie lavorando in proporzione alle copie da approntare e venderlo ad altrettanti utenti. Una startup deep tech scalabile invece crea un prodotto che, in concomitanza con il fiorire di altre iniziative complementari, crea un mercato e aumenta in modo esponenziale il proprio valore. Creare la startup implica dimenticarsi di essere scienziati e focalizzarsi su cosa chiederà il mercato. Serve una mentalità differente: lo scienziato si innamora di un’idea e cerca i problemi di cui quell’idea è soluzione, ma per creare un business si parte dal problema e si deve essere aperti sulla soluzione. Mentre Milano esplora la strada per emergere come capitale deep tech sostenuta dalla sua vocazione fin tech, abbiamo organizzato questa scuola per favorire la circolazione delle idee, delle best practice, e far conoscere a chi ambisce a creare una startup deep tech come pensano gli investitori, i professionisti dell’open innovation, quali sono gli errori da evitare e quale è il mindset che massimizza le probabilità di un successo”. “Buona parte della tecnologia che è alla base delle aziende deep tech nel mondo nasce nelle università: basti pensare a Stanford per la Silicon Valley o a Harvard e MIT per il polo biotecnologico di Boston – aggiunge Guido Tiana -. Nelle università italiane si fa un’ottima ricerca di base, il cui unico esito è spesso la pubblicazione su riviste scientifiche, anche di livello eccellente. Quello che di solito manca è la capacità di trasferire questa ricerca di base in un prodotto ed in un’azienda vincenti sul mercato. Uno studente o un ricercatore che vogliano trasferire la loro idea tecnologica sul mercato spesso hanno molte difficoltà: non è il loro mestiere, non sono stati preparati per quello. In Italia manca completamente un ambiente strutturato che aiuti lo sviluppo di idee imprenditoriali nel campo deep tech nate nelle università. Le università italiane non sono certamente da meno di quelle di altri Paesi, primi fra tutti gli Stati Uniti, quello che è da colmare è il divario nel trasferimento tecnologico. Quello che vogliamo fare con questa scuola è dare il nostro piccolo contributo per colmare questo divario”. La scuola Deep tech entrepreneurship si svolge in presenza a Milano e il corso è gratuito, è richiesto un contributo per le spese legate ai servizi di catering. La disponibilità è di 35 posti e la domanda di iscrizione va inviata utilizzando l’apposito form . ( Photo by Kevin Ku on Unsplash )

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